La vendetta degli dei ancora non c’è stata, ma un viaggio funestato da ritardi in compenso sì. Prima un paio d’ore in partenza, poi un’altra oretta a volare in tondo sopra una Dehli ingolfata di nebbia. E siamo stati fortunati che alla fine siamo atterrati, visto che molti voli sono stati dirottati altrove.
E così, con tanti saluti a chi si aspettava di trovare ad accoglierlo “i colori dell’India”, il primo impatto è con un nebbione da bassa padana. La cappa di nebbia e smog è impressionante, e nel tragitto dall’aeroporto all’hotel non vedo granché del paesaggio intorno a me, a parte il traffico più anarchico che abbia mai visto; tipo in Libano, ma peggio, perché molto più intenso e con la guida a destra. Suonare il clacson continuamente sembra sostituire qualunque regola del codice stradale, e non è evidentemente un caso se molte auto montano dei simpatici paraurti blindati che le rende simili a macchinine da luna park.
Con la mattina che se ne vola via così, mangiata dai ritardi, resta il pomeriggio per cominciare a vedere qualcosa, e quel qualcosa è il primo gioiello Moghul, il Forte Rosso, in realtà cittadella imperiale costruita quando Dehli era capitale dell’impero (del lato umano dell’impatto con Dehli parlerò in un post a parte, ché merita).
Il nome deriva dal materiale di costruzione tipico dell’architettura Moghul, una splendida arenaria rossa che, pare, sotto il sole dia un meraviglioso effetto cromatico. Peccato che la nebbia del mattino diradi in una foschia appiccicosa che dura tutta la giornata, per cui del sole non si vede che la sagoma offuscata. Ciò non toglie nulla alla maestosità dell’insieme, potente ed elegante al tempo stesso.
Fra le rovine un cane, uno dei tanti che scorrazzano randagi per la città. Sarà per questo che non ho ancora visto un gatto?
E così, con tanti saluti a chi si aspettava di trovare ad accoglierlo “i colori dell’India”, il primo impatto è con un nebbione da bassa padana. La cappa di nebbia e smog è impressionante, e nel tragitto dall’aeroporto all’hotel non vedo granché del paesaggio intorno a me, a parte il traffico più anarchico che abbia mai visto; tipo in Libano, ma peggio, perché molto più intenso e con la guida a destra. Suonare il clacson continuamente sembra sostituire qualunque regola del codice stradale, e non è evidentemente un caso se molte auto montano dei simpatici paraurti blindati che le rende simili a macchinine da luna park.
Con la mattina che se ne vola via così, mangiata dai ritardi, resta il pomeriggio per cominciare a vedere qualcosa, e quel qualcosa è il primo gioiello Moghul, il Forte Rosso, in realtà cittadella imperiale costruita quando Dehli era capitale dell’impero (del lato umano dell’impatto con Dehli parlerò in un post a parte, ché merita).
Il nome deriva dal materiale di costruzione tipico dell’architettura Moghul, una splendida arenaria rossa che, pare, sotto il sole dia un meraviglioso effetto cromatico. Peccato che la nebbia del mattino diradi in una foschia appiccicosa che dura tutta la giornata, per cui del sole non si vede che la sagoma offuscata. Ciò non toglie nulla alla maestosità dell’insieme, potente ed elegante al tempo stesso.
Fra le rovine un cane, uno dei tanti che scorrazzano randagi per la città. Sarà per questo che non ho ancora visto un gatto?
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