Giornata in Kansai. Prima tappa, Takarazuka. Un po’ per via
del museo dedicato a Osamu Tezuka, un po’ per via del famigerato teatro. Le due
cose, ovviamente, si toccano.
Quando sembrava che Riyoko Ikeda e, soprattutto, Osamu
Tezuka avessero già capito tutto, creando con Oscar e la principessa Zaffiro
quel prototipo di personaggio androgino, sospeso fra maschile e femminile e
alla continua ricerca della sua propria identità, che è al cuore del percorso
di maturazione femminile come descritto dalla psicologia, dal folclore, da Bettelheim
e compagnia cantante, ecco che invece si scopre che le loro intuizioni non
nascevano dal nulla, ma da questo strano teatro femminile, creato da un
impresario ferroviario (maschio) solo per dotare di una nuova attrazione la
città che faceva da terminale alla sua linea. Il Takarazuka è un teatro che,
specularmente al Kabuki, è interpretato solo da donne anche nei ruoli maschili,
ed è adorato da legioni di fan, in gran parte donne.
Alla fine, quello che ne è uscito è andato ben al di là
delle intenzioni del fondatore, perché davvero pare che il Takarazuka sia
l’incarnazione di un percorso femminile lastricato di ambiguità. Così come è
ambigua la stessa forma teatrale: con la sua idealizzazione dell’androgino, proposto
come uomo (nel senso di maschio) ideale, l’uomo-donna che diventa oggetto e soggetto di un desiderio
perfetto, è un teatro maschilista perché rinnova continuamente la struttura
portante del patriarcato, o è femminista perché, proprio perché anche gli uomini
sono in realtà donne, la sovverte dall’interno? Probabilmente sono vere
entrambe le cose.
Fatto sta che Tezuka conosceva benissimo il teatro, visto
che è cresciuto lì. E che Riyoko Ikeda si è senz’altro ispirata all’uno e
all’altro nel creare Lady Oscar, che guarda caso è poi diventato uno degli hit
immortali del teatro.
Il teatro fisico, capace di 2500 posti, è un edificio dal
bizzarro stile simil-europeo, in linea col tono fastoso e fiabesco degli
spettacoli che vi si mettono in scena, a base di costumi sontuosi, musica e
romanticismo esasperato. Una sorta di Broadway agli estrogeni.
tipo così
Quando arrivo a Takarazuka non so bene cosa aspettarmi,
visto che non sono qui per assistere a uno spettacolo. Mi aspetto comunque percepire
la sua presenza, e infatti non rimango deluso.
Il primo segno che c’è qualcosa di strano comincia già dal
treno, che ha un bel po’ di carrozze “ladies only”. Appena arrivato mi attende
la leziosa via dei fiori, che corre dalla stazione al teatro ed è popolata da
statue che ne celebrano i fasti.
Fra le altre spunta anche questa: Oscar
e Fersen, Takarazuka style
Ma soprattutto, incrocio un paio di stangone coi capelli
corti e il fisico tonico da atlete. Abituato alle giapponesi medie, queste
spiccano decisamente. E dalle fan che le attendono per fotografarle all’ingresso
del teatro capisco che si tratta di attrici che interpretano ruoli maschili, o
di aspiranti tali. Resto per un po’ a guardarle (le fan, intendo), e sono un
assoluto spettacolo.
Il museo di Osamu Tezuka è invece abbastanza deludente,
vista l’impostazione più che altro scenografica e le spiegazioni in inglese
ridotte ai minimi termini.
Il pomeriggio lo passo a Osaka, in piacevole chiacchiera con
un amico italiano che lavora qui.