Cosa fanno i giapponesi l’ultimo dell’anno? In realtà non
molto. Il concetto di “andar fuori a fare festa” gli è estraneo, e non c’era
neanche lo spettacolo di fuochi d’artificio d’ordinanza un po’ ovunque, solo un
patetico lancio di palloncini sotto la Tokyo Tower. In realtà i giapponesi se ne
stanno in casa a cenare in famiglia e a guardare la tradizionale gara canora
fra rossi e bianchi, una specie di San Remo giapponese quest’anno presentata
(fra gli altri, che i presentatori erano un plotone) da quei fighetti degli
SMAP.
E cosa fanno invece i giapponesi il primo dell’anno? Vanno
al tempio. Posso io essere da meno? Di buon mattino mi reco dunque al tempio
shintoista più vicino, il Kanda-myojin, e lo trovo strapieno. All'ingresso ci
sono bancarelle di cibi tradizionali, nello spiazzo centrale c’è una folla
enorme che aspetta in ordine il proprio turno per pregare e gettare una moneta come offerta.
Ai lati si pregano altari minori, ci si purifica con l'acqua sacra, si comprano
amuleti per ogni occasione, si consultano oracoli e si annullano quelli
spiacevoli annodandoli a quelli che, carichi come sono, sembrano quasi degli
alberi di natale, si assiste a una rappresentazione con un mimo in maschera da
leone accompagnato da strumenti tradizionali. Fra il pubblico tantissime
signore in kimono, elegantissime.
Quando esco la fila è diventata apocalittica, la coda si
snoda fuori per almeno un centinaio di metri, regolata da solerti poliziotti.
A questo punto, devo fare una considerazione. Dopo svariati anni di
frequentazione indiretta, di Giappone e di cultura giapponese ne so abbastanza,
e sono già stato qui una volta. Arrivato al secondo viaggio, mi sono stupito di
scoprire che non mi stupisco più. Le famose “stranezze giapponesi”, i cessi
elettronici con riscaldamento e bidet incorporato, gli inchini continui, i pachinko, i buttadentro ai negozi, le
mascherine, i love hotel, i taxi che si aprono da soli, il cibo di plastica fuori dai ristornti e chi più ne ha più ne metta, ormai mi sembrano
normali. Ma se c’è una cosa che in Giappone continua genuinamente a stupirmi
sono le file, e la tranquillità con cui i giapponesi si dispongono ad
affrontare volontariamente (precisazione necessaria, quelle obbligatorie stile
“pomeriggio alle poste” non contano) code anche lunghissime. Più che invidiarne
la pazienza, fatico a capire cosa, per me, avrebbe un valore tale da farmi
sembrare accettabile una fila del genere. Poco, a occhio. Ma evidentemente, ed
anzi soprattutto in occasioni come queste, forse per i giapponesi la fila fa semplicemente parte del rituale dello stare insieme.
Ciao Gioggio! Indovina chi sono????????? Tua madre ti augura Buon Anno ed io mi associo a lei. MI raccomando divertiti tanto e fai tante foto. Sei proprio un bravo scrittore. Non è giusto! Comunque apprezzo. Ti devo spiegare una cosa: la pazienza dell'attesa e il piacere di aspettare per un fine sta nello spirito umano, quindi cerca di coltivare il tuo spirito e vedrai che capirai.......spero di esserti stata/o di aiuto. Un saluto dall'innominata/o.
RispondiEliminaCiao ti sto scrivendo dal mio cell. Sono riuscita a leggere tutto il tuo blog e mi è piaciuto molto....certo il mondo è proprio vario ed io mi sento cosī lontana da tutto, certe volte mi sembra di essere diventata una campagnola.....sono contenta per te. Ciao da Chiara
RispondiEliminaSto facendo la prima mandata di befanini.Stai tranquillo che te li asserbo.Oggi sta piovendo tutto il giorno,ma non è freddo.A proposito,com'è a Tokio il clima in questo periodo?
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