mercoledì 1 gennaio 2014

Capodanno a Tokyo

Cosa fanno i giapponesi l’ultimo dell’anno? In realtà non molto. Il concetto di “andar fuori a fare festa” gli è estraneo, e non c’era neanche lo spettacolo di fuochi d’artificio d’ordinanza un po’ ovunque, solo un patetico lancio di palloncini sotto la Tokyo Tower. In realtà i giapponesi se ne stanno in casa a cenare in famiglia e a guardare la tradizionale gara canora fra rossi e bianchi, una specie di San Remo giapponese quest’anno presentata (fra gli altri, che i presentatori erano un plotone) da quei fighetti degli SMAP.

E cosa fanno invece i giapponesi il primo dell’anno? Vanno al tempio. Posso io essere da meno? Di buon mattino mi reco dunque al tempio shintoista più vicino, il Kanda-myojin, e lo trovo strapieno. All'ingresso ci sono bancarelle di cibi tradizionali, nello spiazzo centrale c’è una folla enorme che aspetta in ordine il proprio turno per pregare e gettare una moneta come offerta. Ai lati si pregano altari minori, ci si purifica con l'acqua sacra, si comprano amuleti per ogni occasione, si consultano oracoli e si annullano quelli spiacevoli annodandoli a quelli che, carichi come sono, sembrano quasi degli alberi di natale, si assiste a una rappresentazione con un mimo in maschera da leone accompagnato da strumenti tradizionali. Fra il pubblico tantissime signore in kimono, elegantissime.




Quando esco la fila è diventata apocalittica, la coda si snoda fuori per almeno un centinaio di metri, regolata da solerti poliziotti.

A questo punto, devo fare una considerazione. Dopo svariati anni di frequentazione indiretta, di Giappone e di cultura giapponese ne so abbastanza, e sono già stato qui una volta. Arrivato al secondo viaggio, mi sono stupito di scoprire che non mi stupisco più. Le famose “stranezze giapponesi”, i cessi elettronici con riscaldamento e bidet incorporato, gli inchini continui, i pachinko, i buttadentro ai negozi, le mascherine, i love hotel, i taxi che si aprono da soli, il cibo di plastica fuori dai ristornti e chi più ne ha più ne metta, ormai mi sembrano normali. Ma se c’è una cosa che in Giappone continua genuinamente a stupirmi sono le file, e la tranquillità con cui i giapponesi si dispongono ad affrontare volontariamente (precisazione necessaria, quelle obbligatorie stile “pomeriggio alle poste” non contano) code anche lunghissime. Più che invidiarne la pazienza, fatico a capire cosa, per me, avrebbe un valore tale da farmi sembrare accettabile una fila del genere. Poco, a occhio. Ma evidentemente, ed anzi soprattutto in occasioni come queste, forse per i giapponesi la fila fa semplicemente parte del rituale dello stare insieme.

3 commenti:

  1. Ciao Gioggio! Indovina chi sono????????? Tua madre ti augura Buon Anno ed io mi associo a lei. MI raccomando divertiti tanto e fai tante foto. Sei proprio un bravo scrittore. Non è giusto! Comunque apprezzo. Ti devo spiegare una cosa: la pazienza dell'attesa e il piacere di aspettare per un fine sta nello spirito umano, quindi cerca di coltivare il tuo spirito e vedrai che capirai.......spero di esserti stata/o di aiuto. Un saluto dall'innominata/o.

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  2. Ciao ti sto scrivendo dal mio cell. Sono riuscita a leggere tutto il tuo blog e mi è piaciuto molto....certo il mondo è proprio vario ed io mi sento cosī lontana da tutto, certe volte mi sembra di essere diventata una campagnola.....sono contenta per te. Ciao da Chiara

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  3. Sto facendo la prima mandata di befanini.Stai tranquillo che te li asserbo.Oggi sta piovendo tutto il giorno,ma non è freddo.A proposito,com'è a Tokio il clima in questo periodo?

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