giovedì 9 gennaio 2014

Back to Tokyo

Fa strano, tornare a Tokyo. Prima di tutto perché, tornando nella stessa zona e nello stesso hotel, la sensazione è un po’ quella di tornare a casa, e mai avrei detto che questa città mi avrebbe suscitato una sensazione del genere. Ma soprattutto perché, rispetto a Kyoto, Tokyo è davvero un altro mondo. A Kyoto respiri ovunque arte, tradizione e cultura, anche nei contesti apparentemente più distanti come quello della Kyoto Station. Non c’è la stessa ipertrofia di stimoli visivi che c’è a Tokyo, e anche le vie principali, quelle dello shopping di lusso, hanno un tono più dignitoso e meno sfacciato, quasi elegante. A parte i siti di interesse storico, templi, santuari, residenze e castelli, non si può dire che sia una bella città, come nessuna in Giappone. Gli edifici sono tutti moderni, come ovunque in questo Paese, e anche le periferie, che pure hanno un certo qual carattere “vissuto”, non brillano per particolare attrattiva. Anche i richiami all’immaginario nerd, pervasivi a Tokyo e non solo ad Akihabara, sono decisamente meno forti. In definitiva, da un punto di vista europeo Kyoto è quasi una città normale. Tokyo no, non è una “città normale” proprio per niente. La semplificazione di “megalopoli postmoderna” è appunto solo una semplificazione, ma non è lontana dal vero laddove con questa definizione si intenda un miscuglio di caratteri contrastanti e diversissimi fa loro, che compongono un puzzle estremamente complesso, affascinante ma spesso straniante. E parlando di aspetti stranianti, Akihabara, buco nero della sottocultura nerd, è decisamente in cima alla lista.

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