Il palazzo reale Changdeokgung col suo Giardino Segreto,
patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, è una meraviglia. Vasto, sapientemente
asimmetrico, a tratti labirintico, pieno di padiglioncini e angoli suggestivi
nascosti nei recessi del bosco dietro il palazzo, è l’esempio migliore viso
finora di palazzo imperiale in stile che definirei giapponese, se non fosse con
questo fare un torto ai coreani e al fatto che in Giappone di palazzi così non
ce ne sono. Col sole dovrebbe essere meraviglioso, ma anche sotto una pioggerella
impalpabile e un cielo brumoso, il verde del tempio si fonde a perfezione con
l’atmosfera scura dei boschi, con effetti di rara suggestione.
Meno bello ma
ugualmente interessante il vicino palazzo Deoksugung, protagonista di un
autentico cortocircuito storico-artistico nel momento in cui accanto al
padiglione reale vedo un edificio in stile greco, costruito dai giapponesi durante
l’occupazione e progettato da un architetto britannico.
E poi Bukchon, angolo di Seoul rimasto fermo agli anni settanta
e preservato nel suo stato originale come memoria storica, con tutte le sue
meravigliose case in stile tradizionale. È come un villaggio chiuso nel cuore
di Seoul, e il contrasto lo rende infinitamente suggestivo.
Ora, il contrasto fra Bukchon e i palazzi Joseon, da una
parte, e la città moderna che li circonda, dall'altra, è eclatante. Seul è una
città gigantesca, ma al di là delle dimensioni è un tipico esempio di quella
cultura urbana che è diventata lo standard globale. In un’economia
capitalistica, in cui viene incentivata l’iniziativa privata di individui e
gruppi (le aziende), è probabilmente inevitabile che si arrivi a questo punto,
a un punto cioè in cui a una cultura architettonica elitaria si sostituisce una
cultura che non ha altri criteri che non l’imponenza fine a se stessa; o meglio,
tesa a testimoniare in forme comprensibili a tutti, e dunque ridotte al minimo
comune denominatore della dimensione intesa come misura quantitativa, il
successo economico della committenza. Nelle città contemporanee, devo
tristemente constatare la sostanziale sconfitta all'architettura. Certo, ci
sono e ci saranno sempre dei begli edifici, ma nel loro complesso le città
globali si assomigliano tutte e sono brutte nella migliore delle ipotesi,
inumane nelle peggiori. L’Europa e l’Italia in qualche modo resistono, ma solo
perché hanno centri storici che non permettono a questa architettura di mera
propaganda di fare quello che vuole.
Begli scorci
Intendiamoci, non sto affatto criticando
il capitalismo in quanto tale. Evviva la libertà e la libera iniziativa. È che
nella cultura di massa e nella comunicazione globale, che di quel capitalismo
sono espressione finale, un’arte elitaria come l’architettura non è più a suo
agio, con danni non tanto per una ristretta cerchia di amatori, ma per tutti.
Oriente e Occidente hanno sviluppato due diverse sensibilità di bello
architettonico, una più integrata con la natura, l’altra più propriamente
urbana. Ma entrambi i modelli sembrano in crisi, inutili e impraticabili nelle
megalopoli di oggi. E dunque che fare? Da una parte occorrerebbe cultura, una
committenza e un’architettura più avvedute. Dall'altra le istituzioni pubbliche
dovrebbero farsi carico anche della dimensione del bello, così negletta
dall'architettura prevalente, pedissequamente al servizio del sistema. E dovrebbero
ugualmente farsi carico della funzione del simbolo, che rischia tristemente di
sparire dall'orizzonte urbano. Non si tratta di opporsi alla modernità in nome
della conservazione, ma di spingere per nuova architettura che risponda a diversi
valori, etici ed estetici. L’architettura è forma e volume, ma soprattutto
spazio vitale. E la commensurabilità fra uomo e l’architettura in cui vive è un
valore che va al di là degli stili. Frank Lloyd Wright e tanti altri l’avevano
capito, ma oggi pare non importare più a nessuno.
Bella merda
Mentre rifletto su queste cose rientro in hotel, e come beffa
che si aggiunge al danno, becco in TV uno dei soliti documentari americani, di
quelli che se non spettacolarizzano il loro oggetto non sanno cosa fare nella
vita. Si parla, guarda caso, di mega costruzioni. E si sostiene che l’uomo ha
sempre aspirato alle grandi costruzioni (vero), e che ora possiamo farne di
ancora più grandi (vero), e che tutto ciò è meraviglioso come le magnifiche
sorti e progressive. Ma vaffanculo, va.
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