sabato 17 gennaio 2015

Qualche riflessione sull'Islam

La realtà è sempre più complicata di come la dipingiamo. Mi capita spesso di sospendere il giudizio a fronte di quella che percepisco come una drammatica mancanza di informazioni, tanto più singolare in quest’epoca di cosiddetta informazione globale, in realtà più assimilabile a una cacofonia di rumori di fondo, come una radio mal sintonizzata. E dunque, dopo averlo visto un po’ di persona, cosa posso dire sull’Islam, specie in questi tempi oscuri segnati da episodi drammatici come quello di Charlie Hebdo? Molto poco in realtà, che qualche viaggio e qualche libro non saranno mai sufficienti. Ma bisogna pur provare.
  • È una religione nata da nomadi, e si vede. La preghiera verso la Mecca e il pellegrinaggio una volta nella vita richiamano la mentalità di chi non ha una patria che lo definisca, se non un quasi mitico "altrove". Per molto meno (il “primato di Roma”, dichiarazione impegnativa ma comunque meno forte della sacralità della Mecca) il Cristianesimo è andato in mille pezzi.
  • Il fatto di non avere una casta sacerdotale (la quale sarebbe a sua volta un elemento di derivazione orientale, stavolta ereditato dal Cattolicesimo) che si fa interprete del volere divino è di sicuro un elemento che la rende molto accessibile alle masse. Non che manchino i condizionamenti sociali (ne parlo più avanti), ma sono trasmessi in altro modo. Per contrasto, il problema storico del Cristianesimo è stato proprio quello di una casta sacerdotale che, forte del suo potere di mediazione col divino, si corruppe al punto da rendere necessaria una “riforma”. Ancora oggi il dubbio sotto sotto permane, anche fra i fedeli, che spesso i sacerdoti dicano “obbedite a Dio” intendendo in realtà “obbedite a NOI”.
  • È una religione anti-intellettualistica, e questo è un altro elemento di grande attrattiva anche verso gli umili. Non che manchino dotti, sapienti, scuole coraniche e quant’altro, ma di base i contenuti dottrinari sono ridotti a un monoteismo assoluto di fronte al quale l’unico atteggiamento possibile è quello della sottomissione, dell’obbedienza senza discussione. Del resto, chi potrebbe “discutere” o provare a “capire” Dio? Che senso ha tutta la nostra teologia, tutta la nostra metafisica? Nessuno: Dio è al di là del nostro orizzonte, è radicalmente e totalmente trascendente. Ogni sforzo intellettuale teso a chiarire la natura di Dio è destinato al fallimento. Lui ci ha parlato attraverso le scritture, e il massimo della nostra azione umana è arrivare a una corretta interpretazione di quelle. A contrasto, il Cristianesimo si è innestato sulla cultura greca, che nella filosofia ha il germe da cui è scaturita tutta la cultura occidentale come oggi la conosciamo. Il risultato è che oggi il Cristianesimo si trova in difficoltà anche per questioni dottrinarie, laddove dottrine tutto sommato accessorie rispetto al cuore del Vangelo, come trinità, peccato originale, esistenza e natura dell’anima, immacolata concezione, infallibilità del papa e quant’altro, finiscono per non essere accettabili al mondo di oggi. È un residuo della stessa natura ma molto più duro da scalfire rispetto a quel nocciolo di questioni tutto sommato minori, come creazione, moto degli astri, evoluzione e affini, che hanno creato le coordinate storiche del conflitto scienza-fede. È stato interessante trovare in uno dei cartelli esplicativi esposti fuori da una moschea la sottolineatura esplicita che “l’Islam non è in contrasto con le scienze moderne”. E questo perché, semplicemente, le scienze sono cose umane, e l’Islam di queste non si occupa.
  • È una religione egualitaria. Per tutti gli aspetti di cui sopra, tutti i credenti sono uguali di fronte a Dio, con l’unica possibile eccezione del Califfo, che, se esistesse (il ruolo al momento è vacante: in teoria il Califfo, successore di Maometto, sarebbe il capo della comunità universale dei credenti, entità sia religiosa che politica che dovrebbe riunire tutti i musulmani del mondo – ma è un discorso complicato), avrebbe delle responsabilità diverse. È un altro motivo di appeal verso gli umili, che nel loro status di credenti non sono affatto diversi dai potenti.
  • Anche dal punto di vista di un intellettuale, il fatto che l’Islam schivi completamente tutte le pastoie dottrinarie del Cristianesimo e proponga un’esperienza religiosa basata su una trascendenza radicale può essere una posizione che esercita un certo fascino. È chiaro che questo tipo di religiosità si presta in modo particolare a slanci mistici, ed è indubbio che abbia anche prodotto risultati artistici di grande qualità: penso in particolare all’architettura (anche se, come ho già scritto in un post precedente, per farlo si sono appropriati di tradizioni altrui), alla calligrafia, che della “parola di Dio” ha fatto un’arte, alle arti decorative vere e proprie, che poi semplicemente decorative non sono, visto che tutti gli arabeschi musulmani simbolizzano al massimo grado di astrazione il concetto base dell’islam, ovvero l’unicità divina (che di solito dell’arabesco è il centro) da cui si irradia il tutto.
  • È una religione formale: per quanto l’aspetto etico non sia certo secondario, i precetti musulmani fondamentali, i cosiddetti cinque pilastri dell’Islam, riguardano tutti l’adempimento di precetti formali: prega cinque volte al giorno, fai il pellegrinaggio, rispetta il Ramadan eccetera. Al confronto, il precetto base del cristianesimo si riassume in quel “ama il prossimo tuo come te stesso”, altrettanto radicale e storicamente irrealizzabile, ma indubbiamente etico.
  • A dispetto dell’apparenza, che vede il fedele libero nel suo rapporto individuale con Dio, è una religione socialmente pervasiva. Una delle cose che mi hanno più dato da pensare nel soggiorno a Istanbul è stato il canto dei muezzin, che cinque volte al giorno risuona in modo sincronizzato da ogni minareto della città. Le moschee magari si riempiono, ma la maggior parte della popolazione continua indisturbata nella sua vita quotidiana, a riprova che, anche nei paesi musulmani, la maggior parte dei fedeli sono fedeli “tiepidi”. Ma quel canto ripetuto ha anche valenza di atto pubblico: ricorda a tutti della loro posizione rispetto a Dio e al tempo stesso identifica e caratterizza la comunità. È un segno che rafforza l’appartenenza. Religiosamente parlando, è marcare il territorio con efficienza persino aggressiva. Penso che lo stesso Ramadan, in quanto rito collettivo, abbia più che altro la valenza di cementare l’appartenenza alla comunità che non quello di reale esercizio spirituale. Mi domando quanto possa essere difficile in un simile contesto sviluppare un’identità alternativa, per chi anche lo volesse. Al contrario, da questo punto di vista il cristianesimo è molto più discreto, e non richiama continuamente tutti all’ordine. Personalmente apprezzo.
  • Se confrontata col Cristianesimo, è una religione molto meno umanista. La posizione dell’uomo rispetto a Dio è di totale e assoluta sottomissione alla sua volontà, perché qualunque altra opzione sarebbe semplicemente impensabile. Il Cristianesimo invece, con l’incarnazione e il suo “uomo a immagine e somiglianza di Dio” lancia un messaggio profondamente umanista. Se a questo si aggiunge il fatto che si è saldato con una cultura sommamente umanista come quella greca, quello che emerge è un inconfondibile umanesimo cristiano, anche se a volte i sacerdoti tendono ad offuscarlo.
  • Mi pare in definitiva una religione con caratteri tali da dargli potenzialmente grandi capacità di attrazione. È anti-intellettualistica, vigorosamente mistica, semplice ed egualitaria nei suoi principi di base. Anche storicamente si è espansa sull’onda di dilaganti conquiste militari, a loro volta sostenute da fervore religioso. Gli exploit intellettuali sono stati ugualmente raggiunti tramite analoghi slanci, perché nell’Islam tutto è “a maggior gloria di Dio”. Ma una volta che lo slancio iniziale si è esaurito, l’Islam esprime una cultura che non sembra capace di ulteriori sviluppi. Se l’unico orizzonte è la totale sottomissione al divino, quel che resta a livello umano sembrano essere stasi e uniformità. A livello storico, questo potrebbe spiegare l’obiettivo ripiegamento culturale del mondo musulmano negli ultimi secoli. La cultura europea invece, con le sue doppie radici greco-cristiane, ha creato condizioni per generare idee sempre nuove, meravigliose o terribili che fossero, ispiratrici di sviluppi storici a loro volta meravigliosi o terribili. L’occidente si è sempre risollevato dalle sue crisi senza bisogno di nuovi slanci religiosi, ma basandosi su un pensiero declinato in modo laico, anche quando religiosamente ispirato. Personalmente ritengo questo umanesimo l’aspetto fondante della cultura europea, ed il motivo di fondo per cui, nel bene e nel male, mi riconosco in essa.


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