martedì 2 giugno 2015

Pechino, giorno 1

Arrivato a Pechino dopo uno sfiancante viaggio in notturna, decido subito di dirigermi verso piazza Tienanmen, che dista un paio di chilometri. 

La sobrissima stazione centrale di Pechino è proprio di fronte al mio hotel

La prendo come una passeggiata per cominciare a guadarmi intorno (tanto per il ritorno c’è la metro) e la raggiungo all’imbrunire. Mi si para davanti in tutta la sua evidente contraddizione. La piazza è enorme, tutta circondata dalle severe architetture del realismo socialista, e tuttavia aperta proprio di fronte alla Città Proibita, la massima espressione dell’ideologia centralizzata della Cina imperiale. Il faccione sorridente di Mao appeso sul portale della Città Proibita rende evidente il tentativo di ricollegarsi a quella tradizione, quasi che i comunisti fossero una dinastia come le altre, quella a cui, in questa fase storica, è stato conferito il “mandato celeste”. A ulteriore contraddizione, tutto intorno ci sono i segni del recente capitalismo cinese, a sbugiardare completamente quell’ideologia collettivista, evidentemente accessoria, nel cui nome la piazza era stata apparentemente costruita. Mi chiedo cosa ne avrebbe pensato il presidente Mao.





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