Rientrati a Tel Aviv, ci aspetta una lunga e faticosa
giornata di riprese in esterni, con Rutu al seguito. Andiamo nei luoghi legati
ai suoi libri e ne approfondiamo i temi. Particolare emozione mi suscita il
cimitero di Kyriat Shaul, dove Rutu parla di vita e di morte.
È difficile per i non addetti ai lavori (quale per molti
versi mi ritengo tuttora anch'io) capire dall'esterno il lavoro e la fatica necessari
di girare un documentario. È un processo lungo e metodico, che richiede pianificazione
ma all'occorrenza anche grande capacità di improvvisazione. Noi ci regoliamo più
o meno così.
Si comincia da un’idea contenutistica, da una traccia di
argomenti sulla quale sollecitare l’artista, e questo è compito mio. Il nostro responsabile
di produzione, che di fatto svolge anche mansioni di regista, ha il compito di
interpretare questi miei input e trasformarli in idee visive e in una possibile
scaletta. A quel punto si comincia a ragionare con la controparte (nel nostro
caso l’interlocutore era Hila) per individuare le location più adatte a ogni
singolo segmento. Ne esce un sommario piano di produzione, un documento in cui
si dettaglia nel modo più preciso possibile cosa si farà ogni giorno e dove. Il
piano di produzione viene rifinito in successivi passaggi fino alla versione
definitiva. Quando cominciano le riprese si entra in una specie di tunnel, fatto
di spostamenti sotto il sole con tutta l’attrezzatura a spalla, discussione su
ogni singola inquadratura, concentrazione sempre vigile e molta, molta
pazienza. Alla fine della giornata ci si ritrova fisicamente e mentalmente spossati.
Quando alla fine tutto il materiale è girato, e si parla di diverse ore di
filmato, si esce da un tunnel solo per entrare in un altro. Il responsabile dei
contenuti (eccomi!) deve riascoltare tutto, individuare le parti più interessanti
e passare le indicazioni a chi si occuperà del montaggio. Nel nostro caso
specifico io mi occuperò anche della traduzione in italiano, che una versione
scritta serve sia per i sottotitoli che per il catalogo. Montaggio e
sonorizzazione chiudono il processo, ma almeno su questi ultimi passaggi il mio
lavoro si limita a dei feedback.
Tutto questo per dire, prima di tutto a me stesso: dai, che
il primo tunnel è quasi alla fine.
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