Dopo un viaggio della speranza durato trenta ore (partivo
dalla Francia), mille chilometri in auto, duemilacinquecento in aereo, i severi
controlli in ingresso complicati dalle pratiche doganali per l’importazione
temporanea dell’attrezzatura per le riprese, un bagaglio perso con parte della
suddetta attrezzatura, sono finalmente giunto in Israele. Sono qui per girare
un documentario su Rutu Modan, autrice di graphic
novel di fama internazionale. Il documentario fa parte di un progetto
espositivo più ampio a lei dedicato, da tenersi nell'ambito della prossima
Lucca Comics & Games.
Il problema di un’esposizione dedicata a Rutu è che lei lavora
solo in digitale, per cui non esistono disegni originali da esporre. Come si affrontano
situazioni del genere? La risposta generale è che, se non si può lavorare
sull'opera, si lavora sull'autore. La risposta particolare è meno semplice e può
variare caso per caso.
Nel caso di Rutu il progetto espositivo è incentrato sul
tema dell’identità, personale e collettiva, che a sua volta è al centro della
sua opera. E se questo è il taglio, il documentario diventa uno strumento quasi
indispensabile per entrare nel mondo di Rutu, per comprendere dall'interno le ragioni di una poetica. L’esplorazione dell’identità di Rutu, in quanto
persona e artista, diventa necessariamente anche un’esplorazione dell’identità
ebraica.
Il tema dell’identità mi intriga molto, a partire dalle
continue riflessioni sulla mia identità personale. L’identità è quella serie di
caratteri fisici, personali, sociali, culturali, che presi nel loro insieme
costituiscono l’immagine che abbiamo di noi stessi. È un concetto a più strati,
come una cipolla. C’è la mia identità strettamente personale, che qui e ora
corrisponde al mio aspetto fisico attuale, alla mia età, alla storia
personalissima che dalla nascita mi ha portato fin qui – le persone che ho
incontrato, le cose che ho visto, le esperienze che ho vissuto; tutte cose che
magari ho condiviso con altri, ma che nel loro insieme sono solo ed
esclusivamente mie. Poi ci sono tutti gli altri strati, quelli che condividiamo
con comunità via via più allargate, che proprio su di essi trovano la loro
definizione.
Anche l’identità ebraica mi intriga molto. A Lucca non c’è
una comunità ebraica organizzata, e non ho nessuno di quella comunità fra le
mie conoscenze più strette, per cui parto armato solo da forte curiosità e da
assunzioni pronte ad essere smentite. Riflettendo sulla storia millenaria del
popolo ebraico, mi riesce difficile pensare a un popolo dall'identità più forte.
L’elemento peculiare mi pare la fusione fra l’aspetto etnico e quello
religioso, riassunta efficacemente nel concetto di “popolo eletto”, che non mi
risulta abbia analoghi al mondo. È un nesso che, da europeo razionalista che
considera l’identità più un processo in divenire che non un dato di tradizione,
mi appare insieme sfidante e vagamente pre-moderno. Quando i Romani invadevano
un nuovo territorio lasciavano liberi i popoli sottomessi di praticare i culti
locali, con l’unica eccezione che si riconoscesse la religione civile di Roma.
Un compromesso accettabile per molti ma non per il popolo ebraico, che infatti
nella sua storia è stato disperso e spesso perseguitato, e tuttavia è sempre
rimasto fedele alla propria identità. Trovo tutto ciò ammirevole all’estremo,
ma d’altro canto mi chiedo quanto sia semplice portare sulle spalle il peso di
una simile tradizione. Se è vero che ognuno di noi porta con sé la sua identità
così come fanno i viaggiatori con i loro bagagli, allora il popolo ebraico mi
appare carico di un fardello quasi soverchiante, capace di condizionare ogni
aspetto dell’esistenza. Mi chiedo come sia, specie per un artista, il confrontarsi
con un’identità così forte. Se penso al solo fumetto, mi vengono in mente molti grandi
autori (Will Eisner, Art Spiegelman, la stessa Rutu) che hanno messo al centro
delle loro opere più personali proprio l’identità ebraica, come se essa fosse per
loro un tema effettivamente imprescindibile. Dall’altra, il peso di una tale
incombente identità mi pare appaia proprio in un racconto di Rutu, incentrato
su un musicista frustrato che non ama la scena musicale Israeliana e i cui
tentativi di fare qualcosa di diverso cadono nell'indifferenza generale. E così
è felicissimo quando riceve un invito a esibirsi all'estero, salvo poi scoprire
che è stato invitato da una comunità ebraica che da lui vuole solo quelle
canzoni tradizionali da cui ha inutilmente cercato di fuggire.
Con in mente queste riflessioni contrastanti, arrivo dunque
a Tel Aviv. Ad attenderci all'aeroporto Ben Gurion, me e i due operatori che
condividono con me questa avventura, c’è Hila, ex allieva di Rutu che ci
assisterà durante tutta la produzione.
La hall dell'aeroporto di Tel Aviv. In basso, un cosplay di One Piece
La prima impressione su Tel Aviv ce l’ho sulla strada che la
collega all'aeroporto. A bordo della macchina di Hila, un meraviglioso fuoristrada
blu tutto impolverato e dall'aria vissuta, la città che si avvicina mi ispira l’amara
constatazione che il morbo globale del grattacielo ha colpito anche qui. Non ci
sono ragioni per cui Israele dovesse esserne immune, né mi aspettavo di non
vederne, ma sono un po’ triste ogni volta che vado in un posto nuovo e mi tocca
constatare amaramente che “anche qui”. È un problema mio, ma a parte pochissime
eccezioni ritengo il grattacielo più un’espressione di arroganza che una
legittima espressione architettonica, e se considerata come tale di scarso
valore estetico e al limite disumanizzante.

Va molto meglio man mano che
penetriamo all'interno della città. Abbiamo affittato un appartamentino vicino
a dove vive Rutu, in un quartiere centrale. Ed è un bel quartiere, con basse
case bianche di architettura modernista, molto verde lungo le strade, il cielo
blu profondo a chiudere in alto. E su tutto una luce nitida e vibrante, a
rendere il tutto di un’evidenza straordinaria. Prendiamo possesso del nostro
appartamentino dalla proprietaria, una ragazza simpatica con deliziosa
figlioletta al seguito. Una doccia, una rapida cena e una birra con Rutu più
tardi, rientriamo e collassiamo definitivamente, il vero e agognato traguardo
di questa prima giornata.
PS. Avviso ai naviganti: ho di novo problemi col telefono,
non sono raggiungibile per quel canale