domenica 4 settembre 2016

Una giornata in Kansai

Giornata in Kansai. Prima tappa, Takarazuka. Un po’ per via del museo dedicato a Osamu Tezuka, un po’ per via del famigerato teatro. Le due cose, ovviamente, si toccano.

Quando sembrava che Riyoko Ikeda e, soprattutto, Osamu Tezuka avessero già capito tutto, creando con Oscar e la principessa Zaffiro quel prototipo di personaggio androgino, sospeso fra maschile e femminile e alla continua ricerca della sua propria identità, che è al cuore del percorso di maturazione femminile come descritto dalla psicologia, dal folclore, da Bettelheim e compagnia cantante, ecco che invece si scopre che le loro intuizioni non nascevano dal nulla, ma da questo strano teatro femminile, creato da un impresario ferroviario (maschio) solo per dotare di una nuova attrazione la città che faceva da terminale alla sua linea. Il Takarazuka è un teatro che, specularmente al Kabuki, è interpretato solo da donne anche nei ruoli maschili, ed è adorato da legioni di fan, in gran parte donne.
Alla fine, quello che ne è uscito è andato ben al di là delle intenzioni del fondatore, perché davvero pare che il Takarazuka sia l’incarnazione di un percorso femminile lastricato di ambiguità. Così come è ambigua la stessa forma teatrale: con la sua idealizzazione dell’androgino, proposto come uomo (nel senso di maschio) ideale, l’uomo-donna che diventa oggetto e soggetto di un desiderio perfetto, è un teatro maschilista perché rinnova continuamente la struttura portante del patriarcato, o è femminista perché, proprio perché anche gli uomini sono in realtà donne, la sovverte dall’interno? Probabilmente sono vere entrambe le cose.
Fatto sta che Tezuka conosceva benissimo il teatro, visto che è cresciuto lì. E che Riyoko Ikeda si è senz’altro ispirata all’uno e all’altro nel creare Lady Oscar, che guarda caso è poi diventato uno degli hit immortali del teatro.



Il teatro fisico, capace di 2500 posti, è un edificio dal bizzarro stile simil-europeo, in linea col tono fastoso e fiabesco degli spettacoli che vi si mettono in scena, a base di costumi sontuosi, musica e romanticismo esasperato. Una sorta di Broadway agli estrogeni.

tipo così

Quando arrivo a Takarazuka non so bene cosa aspettarmi, visto che non sono qui per assistere a uno spettacolo. Mi aspetto comunque percepire la sua presenza, e infatti non rimango deluso.
Il primo segno che c’è qualcosa di strano comincia già dal treno, che ha un bel po’ di carrozze “ladies only”. Appena arrivato mi attende la leziosa via dei fiori, che corre dalla stazione al teatro ed è popolata da statue che ne celebrano i fasti. 



Fra le altre spunta anche questa: Oscar e Fersen, Takarazuka style

Ma soprattutto, incrocio un paio di stangone coi capelli corti e il fisico tonico da atlete. Abituato alle giapponesi medie, queste spiccano decisamente. E dalle fan che le attendono per fotografarle all’ingresso del teatro capisco che si tratta di attrici che interpretano ruoli maschili, o di aspiranti tali. Resto per un po’ a guardarle (le fan, intendo), e sono un assoluto spettacolo.


Il museo di Osamu Tezuka è invece abbastanza deludente, vista l’impostazione più che altro scenografica e le spiegazioni in inglese ridotte ai minimi termini.






Il pomeriggio lo passo a Osaka, in piacevole chiacchiera con un amico italiano che lavora qui.

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